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martedì 14 marzo 2017

Malaavia – "Frammenti compiuti", di Alberto Sgarlato


Malaavia – Frammenti compiuti
(2014)
di Alberto Sgarlato

Articolo già apparso sul numero di febbraio di MAT2020

Il nome dei Malaavia è tra quelli con il curriculum più importante e prestigioso nella storia del nuovo progressivo italiano: vent’anni di attività, numerosi premi vinti a manifestazioni di portata nazionale e internazionale, collaborazioni illustri che spaziano dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare a Tony Pagliuca (Le Orme), nome di apertura per concerti di gruppi storici come Yes, Banco e Pfm… Insomma, a ricostruire la storia di questa band dal 1998 a oggi ci si potrebbe scrivere un libro.
Tra tanti cambi di formazione (cosa comune a molte band dall’attività di lunga data) il fulcro e il riferimento principale di tutto il progetto è sempre stato il polistrumentista e cantante Pas Scarpato. Con questo terzo album, uscito da un paio d’anni ma ancora attuale, ed intitolato “Frammenti Compiuti”, la band di Pas ci offre 13 tracce che potrebbero essere concepite come “schegge di un tutto”: di durata più o meno variabile tra 1 e 7 minuti, fino a formare un’ora complessiva di musica che merita di essere assaporata nella sua globalità, come un unico fiume in piena di suoni, e non smembrata secondo l’ottica della canzone.
Già nell’apertura “Specchi del tutto” troviamo tutti gli ingredienti più amati dal pubblico del prog: dilatazioni floydiane fatte di chitarre liquide su tappeti ad ampio respiro, momenti in crescendo di gusto barocco, flauti a cavallo tra classica e folk, esotismi arabeggianti; “Sabbia che tocchi” ci regala quelle meravigliose suggestioni napoletane, tra prog e musica popolare, degli Osanna e della NCCP, due indimenticabili realtà musicali delle quali i Malaavia sono diretti discendenti; l’elettronica di “Sideral Theme” viaggia tra Baffo Banfi, i Tangerine Dream, i Porcupine Tree e gli Ozric Tentacles su percorsi tra psychedelia, space-rock e l’immancabile nota di prog romantico; l’ormai trascorsa collaborazione con Pagliuca (Le Orme) traspare in certe atmosfere di “Terra di Mohammed”, ma ci pensa un abile cantato a due voci (maschile e femminile) a movimentare le cose verso lidi più imprevedibili; il tema del mare, del viaggio, della contaminazione tra genti e luoghi è sempre ricorrente nelle note di questi “Frammenti”, li collega tra loro, ed ecco spuntare fuori un brano come “’O Mare”, che nelle sue atmosfere evoca Camel, Mike Oldfield ma anche i classici del prog italiano; anche quando i suoni si induriscono appena un po’, come nella prima parte della lunga e articolata “Niente di più”, rimane sempre in primo piano quella godibilissima vena melodica, tutta mediterranea, calda e sincera, sempre pronta a sfociare in crescendo di grande intensità.

Ecco: sincerità e intensità sono le due parole che potrebbero riassumere questo terzo album dei Malaavia. Un disco realizzato con sentimento e che punta a instaurare un dialogo puramente empatico con l’ascoltatore, al di là di mode, suoni, generi e correnti. 




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