www.mat2020.com

www.mat2020.com
Cliccare sull’immagine per accedere a MAT2020

giovedì 13 ottobre 2016

THE WHO, di Giuseppe Scaravilli: video imperdibile!


Articolo già apparso su MAT2020 di maggio 2016

Nell’occasione del ritorno in Italia dei The Who, Giuseppe Scaravilli sintetizza la loro immensa storia…
THE WHO
di Giuseppe Scaravilli

A proposito dell’Isola di Wight, gli Who (altra leggendaria band inglese) furono forse l’unica band ad esibirsi sia a quel festival, nel 1970, che a quello di Woodstock dell’anno precedente (agosto 1969). Bob Dylan, invece, pur abitando nei pressi di Woodstock, aveva deciso di partecipare all’edizione dell’Isola di Wight di quello stesso anno (1969). Ad ogni modo gli Who, già attivi dalla metà degli anni ’60, ebbero modo di presentare in entrambe le occasioni il loro capolavoro, e cioè la versione live dell’intero Tommy, concept album contenente un’unica storia, con i brani tutti legati tra loro. Un brano intitolato ‘A QuickOne’, presentato durante il già citato ‘Circus’ dei RollingStones, aveva già gettato le basi per questo tipo di ricerca musicale più matura, presentandosi come una mini-suite composta da più frammenti musicali ben amalgamati tra loro. E Tommy aveva rappresentato la compiutezza di questa elaborazione più complessa del concetto di semplice ‘rock and roll’, finendo per rimanere il traguardo più alto raggiunto dalla loro pluriennale carriera. Il compositore era il chitarrista e cantante Pete Townhsend.
La voce solista era affidata al carismatico Roger Daltrey, mentre Keith Moon si scatenava come un ossesso alla batteria, con John Entwistle a fargli quasi da ‘contrappeso’ con la sua serafica calma sulla scena (nonostante l’imponenza roboante del suo basso elettrico). Dopo essere stati per un breve periodo esponenti del movimento ‘Mod’ inglese, con capelli corti e giacche su misura, gli Who trovano il successo nel 1965 con l’inno generazionale intitolato appunto ‘My Generation’, che vede un Roger Daltrey cantare balbettando di proposito: è un brano dall’impatto devastante (più o meno quanto la coeva ‘Satisfaction’ dei RollingStones), mentre gli insuperabili Beatles si muovevano ancora su musicalità più morbide e rassicuranti. Nel giro di pochi anni gli Who si trasformano in una macchina da guerra, capelli lunghi, Townshend che rotea il braccio destro per fare scena e colpire con forza la chitarra, Daltrey che fa mulinare in aria il microfono trattenendolo per il cavo, e tutti gli strumenti sfasciati alla fine di ogni show (come in occasione del ‘Monterey Pop Festival’ del 1967). Dopo l’epico Live at Leeds del 1970 (per molti il miglior disco rock di sempre) e Who’sNext(1971), Pete Townshend ci riprova con l’opera rock (Tommy era stata la prima ‘rock opera’ della storia), dando alle stampe Quadrophenia (1973). Questa volta il progetto si rivela più sofferto del previsto, e lo stesso Pete finirà per dubitare di riuscire mai a portarla a compimento. Anche dal vivo il lavoro non ottiene lo stesso successo del suo predecessore, con Roger Daltrey che, sul palco, perde anche troppo tempo nello spiegare al pubblico l’evolversi del racconto, tra un pezzo e l’altro. Lo stress accumulato porterà persino Pete e Roger a venire alle mani, mentre uno strambo avvenimento accaduto durante una data di quel tour non contribuisce certo ad un clima di serenità relativamente al periodo di Quadrophenia: infatti, in quell’occasione Keith Moon, che aveva assunto qualcosa di troppo prima del concerto, dopo qualche brano collassa sulla batteria. Si cerca di farlo proseguire in qualche modo, ma Moon non è più in sé e viene bloccato da Pete, mentre il batterista si dimena come un ossesso sul palco. Quindi viene portato via con la forza, mentre il chitarrista chiede al microfono se tra il pubblico è presente qualche batterista: e così un tizio sconosciuto, che era andato semplicemente a vedere uno show degli Who, si ritrova a suonare con loro (!): il suo nome è ScotHalpin, eroe per una sera. Esiste anche il filmato di questo tragicomico episodio.
Il gruppo ritrova il successo nel 1978 con Who Are You, l’ultimo album con Keith Moon, che muore quello stesso anno, sostituito per i concerti dal vivo e in altri due dischi dall’ex Small FacesKenney Jones. Dopo l’album It’s Hard, uscito nel 1982, gli Who pubblicheranno un altro disco in studio (EndlessWire) solo nel 2006, ma dal vivo continueranno ad esibirsi anche dopo la scomparsa di John Entwistle, trovato morto in un albergo di Las Vegas nell’estate del 2002 e sostituito da Pino Palladino. Saranno presenti anche al Live Eight del 2005 (più noto per la reunion dei Pink Floyd con Roger Waters) e in occasione della cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di Londra del 2012.




Nessun commento:

Posta un commento