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lunedì 3 agosto 2015

I GENESIS secondo Giuseppe Scaravilli


Nel settembre del 1970 Phil Collins riuscì ad entrare nei Genesis: Peter Gabriel capì che Phil era bravo non appena vide come si sedette sul seggiolino della batteria. Leggeva di continuo che questi Genesis, nonostante avessero pubblicato due dischi dalle vendite piuttosto modeste (“From Genesis To Revelation” e, soprattutto, “Trespass”), suonavano da tutte le parti. Cosa che non riusciva alla sua band, i Flaming Youth. Dunque teneva molto ad entrare in questo gruppo, e si recò alla casa dei genitori di Peter Gabriel, dove si tenevano le audizioni per tutti gli aspiranti batteristi, insieme al suo amico Ronnie Caryl, che sperava di essere preso come chitarrista.
Mentre aspettava il suo turno, gli venne offerto di fare un bagno in piscina: e così, sguazzando in acqua, Phil Collins, a 19 anni, nell’estate del 1970, ebbe modo di ascoltare i brani con gli altri batteristi, capendo al volo cosa volevano i Genesis, quello che avrebbe dovuto fare, e quello che avrebbe dovuto evitare, quando sarebbe toccato a lui. Al ritorno a casa il suo amico Ronnie si disse convinto che avrebbe ottenuto lui il posto, al contrario di Phil. E invece le cose andarono esattamente al contrario. E quando i Genesis gli telefonarono a casa per comunicargli che il posto era suo, fu contento al punto da abbracciare sua madre! Il gruppo aveva già avuto tre batteristi, prima di lui: Chris Stewart (sul singolo “The Silent Sun”, John Silver (sul disco d’esordio, registrato durante le vacanze estive del 1968, quando andavano ancora tutti a scuola) e John Mahyew (su Trespass). I Genesis erano nati proprio dalla fusione di due gruppi scolastici, gli Anon e i Garden Wall. Ma le severe regole della Charterhouse, riservata ai figli delle famiglie più facoltose, li aveva resi ragazzi piuttosto chiusi ed infelici. Solo la musica era in grado di dar loro entusiasmo e di salvarli da quell’ambiente tanto austero (quella scuola somigliava ad una cattedrale gotica, e i familiari erano lontani) quanto avvilente (suonare la chitarra elettrica sarebbe stato considerato più o meno un atto rivoluzionario e anti-sistema). Phil Collins invece portò nel gruppo quella ventata di allegria e spensieratezza che erano necessarie. Oltre, naturalmente, ad un sound molto più professionale, che trasformò la band dalle fondamenta, rispetto ai suoi pur volenterosi predecessori.


E così fu con lui che i Genesis intrapresero il tour di “Trespass”, il 2 ottobre 1970, nonostante non avessero ancora trovato qualcuno che sostituisse Anthony Phillips alla chitarra. Ant era un elemento importantissimo per la band, al punto che si pensò seriamente allo scioglimento quando, subito dopo la registrazione del secondo LP, Phillips annunciò agli altri che avrebbe mollato tutto. Era lui, alla 12 corde, l’elegante tessitore delle delicate trame chitarristiche arpeggiate, tanto caratteristiche nei i Genesis dei primi tempi. Affiancava la sua voce a quella di Gabriel, e poteva anche scatenarsi con l’elettrica in un brano come “The Knife”, che chiudeva sia “Trespass” che i concerti dal vivo. Nonostante non avrebbe poi partecipato alla registrazione del successivo “Nursery Cryme”, persino l’immortale “The Musical Box” era in buona parte farina del suo sacco.
Alla fine comunque il gruppo decise di proseguire in quartetto: Peter Gabriel, Tony Banks, Mike Rutherford e Phil Collins. Tony simulava le parti di chitarra applicando un distorsore alle tastiere. L’amico di Phil, Ronnie Caryl, riuscì a fare con loro qualche concerto. E per un paio di mesi il loro chitarrista fu Mick Barnard, che comparve con loro anche in TV (filmato purtroppo andato perduto), durante l’esecuzione di “The Knife”. Ma tutti sapevano che era una soluzione provvisoria e, a seguito di un annuncio di Steve Hackett sul Melody Maker, andarono ad ascoltarlo a casa sua, accompagnato dal fratello John al flauto.
Capirono subito che quello era il chitarrista che giusto per loro, abile sia nelle parti “bucoliche”, alla chitarra classica, che in quelle aggressive, alla chitarra elettrica, strumento dal quale riusciva a tirare fuori suoni particolarissimi, utilizzando con gusto vari effetti a pedale, senza cercare mai di stupire con “assolo” alla velocità della luce: cosa che loro non avrebbero gradito affatto.
Così, quando Steve andò a vedere i Genesis al Lyceum, proprio alla fine del 1970, con Mick Barnard alla chitarra, sapeva già di essere il loro nuovo chitarrista. Per il nuovo album,“Nursery Cryme”(1971), ai due nuovi arrivati, Phil e Steve, fu concesso di inserire un loro brano, intitolato “For Absent Friends”. Quello era anche il primo pezzo cantato da Phil Collins invece che da Peter Gabriel. Un altro sarebbe stato “More Fool Me”, incluso su “Selling England By The Pound”, del 1973 (pezzo che avrebbe visto Collins al microfono anche durante il relativo tour). Si trattava comunque di due canzoni molto brevi e quiete: nulla avrebbe lasciato presagire che un giorno Phil Collins sarebbe diventato il cantante dei Genesis, dopo che anche Peter Gabriel, nel 1975, avrebbe lasciato  la band, alla fine del tour di “The Lamb Lies Down On Broadway”.
Personalmente ho visto i Genesis a Nizza nel 1992: ricordo che prima del concerto la folla aveva accolto con un gran boato un video del Gabriel solista, ed ho sentito un giovane chiedere alla sua ragazza il perché di quella reazione entusiastica: non sapeva che Peter Gabriel era stato il cantante dei (migliori) Genesis prima di Phil Collins! E probabilmente sono ancora  in tanti a non saperlo. Per l’assolo di “The Musical Box” Hackett (che avrebbe lasciato a sua volta nel 1977) utilizzò qualche parte che era di Mick Barnard. Ed utilizzò la tecnica del “tapping”, diversi anni prima di Eddie Van Halen. All’inizio del 1971 i Genesis partirono con la nuova formazione (poi divenuta quella “classica”) in un tour insieme ai Van Der Graaf Generator e agli Audience, tutti facenti parte dell’etichetta “Charisma”. Sul tour bus, come ama rammentare scherzando Peter Hammill ( leader dei Van Der Graaf), ai primi posti erano seduti i Genesis coi loro cestini da pic-nic, al centro gli Audience con le birre, e in fondo gli stessi VdGG con le droghe (!). Fatto sta che in quel momento erano questi ultimi il gruppo di maggior richiamo. Fino a quando, concerto dopo concerto, furono i Genesis a conquistarsi sul campo (anzi, sul palco) il titolo di attrazione principale. Semplicemente perché era diventato impossibile fare meglio di loro. All’inizio del 1972 filmarono mezz’ora di musica dal vivo alla TV belga, consegnandoci il documento (peraltro di buona qualità, e a colori) più “datato” che sia possibile reperire. Esistono in realtà altri due brani ripresi ad un festival del 1970, ancora con Phillips e Mayhew in formazione: ma è un filmato senza sonoro, con l’audio dei pezzi in questione (“Looking For Someone” e “The Knife”) sovrapposti in un secondo tempo (e non provenienti da quel concerto).


Altri documenti dei Genesis del 1970, riemerso dall’oblio dopo decenni, sono sia i “Jackson Tapes”, sia le registrazioni effettuate alla trasmissione radiofonica “Nightride”, rispettivamente del gennaio e del febbraio del 1970, entrambi realizzati per la BBC. I primi risalgono più precisamente al 9 gennaio: cioè alla stessa sera che vedeva i Led Zeppelin filmati in concerto alla Royal Albert Hall, da un’altra parte di Londra, il giorno del ventiseiesimo compleanno di Jimmy Page, che dietro le quinte, avrebbe conosciuto la sua futura moglie. Per inciso, il film in questione, ritenuto troppo scuro nelle immagini, rimase nel cassetto, per essere finalmente pubblicato nel doppio dvd antologico del 2003, con un fantastico suono stereo.
Le registrazioni dei Genesis di quel giorno, recuperate miracolosamente in tempi recenti, risultano interessantissime, per quanto brevi: si possono ascoltare infatti i Genesis, ancora senza Collins e Hackett, suonare non solo spezzoni di “Looking For Someone” (poi su “Trespass”, 1970), ma anche di “The Fountain Of Salmacis”, “The Musical Box” (entrambe su “Nursery Cryme, 1971) e addirittura di “Anyway” (in seguito su “The Lamb Lies Down On Broadway”, l’ultimo disco con Peter ancora nella band, 1974). I Genesis dei primi anni ebbero più successo in Italia che in Patria: così vennero in tour nel nostro Paese nell’aprile e nell’agosto del 1972. All’inizio con un semplice furgone, in seguito con una strumentazione sempre più “ingombrante”, man mano che i loro dischi (soprattutto da “Foxtrot” in poi) cominciavano a vendere.
Suonarono anche con gli Osanna, e forse i costumi di scena ed i volti truccati del gruppo partenopeo ispirarono Gabriel per i suoi successivi travestimenti. Tornarono in occasione del “Charisma Festival” nel gennaio del 1973, e ancora per il tour di “Selling England”, nel 1974; quindi per quello di “The Lamb” con l’unica data di Torino, nel 1975. Quindi il ritorno (naturalmente senza Gabriel) solo nel 1982 (tour in cui tornò in scaletta “Supper’s Ready”, per festeggiare i 10 anni dell’epica suite) e nel 1987 (anno nel quale io vidi Peter Gabriel a Roma). Saltò invece la data del 1992 a Torino, spostata a Nizza, dove, come detto, ebbi modo di vederli. Essendo Phil Collins divenuto il vocalist della band, già dalla metà degli anni ’70 si era resa necessaria la presenza di un secondo batterista: prima Bill Bruford (ex Yes e King Crimson), per la tournèe di “A Trick Of The Tail”. Quindi Chester Thompson, dal 1977 in poi. Alla chitarra (ma anche al basso) il sostituto di Steve Hackett divenne invece Daryl Stuermer (americano come Thompson), che esordì con loro in occasione del tour di “And Then There Are Three”, nel 1978. Con questo quintetto i Genesis si esibirono in tour fino al 1992.
E, dopo 15 anni di “stop”, tornarono in pista nel 2007, per una serie di concerti in Europa e negli Stati Uniti. Il dvd del concerto gratuito al Circo Massimo di Roma (di fronte a mezzo milione di persone) avrebbe documentato questa reunion. Si era in effetti parlato di tornare “on stage” con Peter Gabriel, ma la cosa non andò in porto. Un vero peccato che Peter non abbia pensato di tornare coi suoi vecchi compagni almeno per il bis finale di Roma: il pezzo sarebbe stato “The Carpet Crawlers”, e sentirglielo cantare (anche sul DVD) ancora una volta coi Genesis sarebbe stato molto emozionante. Invece, a conti fatti, l’unica volta di Peter Gabriel di nuovo coi Genesis, per un concerto intero, e con Steve Hackett nel bis, sarebbe rimasto quello dell’ottobre 1982 a Milton Keynes, in Inghilterra, sotto la pioggia, con “Back In New York City” come brano d’apertura, e la versione ridotta di “The Knife” come magnifica chiusura.
Nel 1975 alcuni membri dei Genesis ascoltarono in macchina il pezzo nuovo di un gruppo che non riconobbero subito: erano i Led Zeppelin, ed il brano in questione era “Kashmir”. Phil Collins impazzì per il suono massiccio e l’incedere imponente di quella batteria, e provò a fare qualcosa del genere in una canzone che stavano provando per il primo disco dell’era post-Gabriel: Squonk. Il pezzo si rivelò perfetto anche per l’inizio dei concerti del 1977, e dunque del doppio disco dal vivo intitolato pubblicato quell’anno, intitolato “Seconds Out”. Fu questo il disco che mi introdusse al mondo dei Genesis, quando ero ancora adolescente. Nel 1988 telefonai ad Armando Gallo, autore della foto di copertina di quel disco (nonché amico personale dei Genesis fin dai primi anni ’70), parlai con lui e mi feci spedire una copia del suo (ormai quasi mitico) libro a loro dedicato. Gli chiesi un autografo suo per me e per i Malibran, il mio gruppo, che all’epoca muoveva i suoi primi passi. Fu una vera fortuna riuscire a “beccare” Armando nella sua casa romana, dal momento che viveva (e vive) anche a Los Angeles, e che stava partendo (sempre in qualità di fotografo) per l’Australia con gli INXS, band di successo negli anni ’80.


Un altro importante “riferimento Genesis” per l’Italia sarebbe poi divenuto Mario Giammetti: sulla prima pagina di un numero della sua fanzine “Dusk”, mentre io mi trovavo in condizioni critiche all’ospedale, volle gentilmente rivolgermi un saluto, definendomi  “musicista raffinato”, “leader dei Malibran”, e aggiungendo che “tutto il mondo del Prog” mi aspettava “a braccia aperte”. Davvero un bell’attestato di stima, fortunatamente non isolato.

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