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giovedì 3 ottobre 2013

La rubrica di Riccardo Storti... ripartiamo dagli anni '80



80 MUSICA (da farvi ascoltare). Preludio
di Riccardo Storti

Esiste un luogo comune per cui la musica migliore è sempre quella del passato. Corollario all'assioma: oggi la musica è morta, vive solo quella commerciale, la gente non sa più ascoltare e i musicisti non sono più quelli di una volta, etc. Più che un concetto, è un sentimento e, come tale, è felicemente destituito di qualsiasi fondamento critico. Preciso: un “sentimento del tempo”. Basta pensare al famoso adagio più diffuso tra le schiere di appassionati brizzolati ex capelloni: “Come negli anni Settanta...”. Rovescio della medaglia (no, il gruppo non c'entra): “Il guaio di tutto sono stati gli anni Ottanta”. E via di questo passo.
Il sentimento, per quanto lo vogliamo accrescere di obiettività, sentimento rimane e la musica migliore pare sempre quella di quando eravamo ragazzi.
Io stesso - fratellino minore della generazione 70 -, proponendovi una rubrica sugli anni Ottanta, rischio di cadere nello stesso tranello emotivo, se non fosse che, per me, gli anni Ottanta non sono stati il decennio della migliore musica. Come non lo sono stati i Settanta. Così i Sessanta. Così - che ne so... - gli anni Venti, quando agivano Stravinskij, Schönberg e i primi jazzisti. Questo per sottolineare, quasi come in un negativo fotografico, che ogni epoca ha offerto al proprio pubblico prodotti creativi di alta qualità artistica (e contorni di fuffa).
Mi piace dedicarmi ai tanto vituperati anni Ottanta, ovviamente perché li ho vissuti in prima persona e, sia chiaro, inizialmente, da orfano della buona musica. Questo sì... Perché i canali ufficiali ti bombardavano di proposte imbarazzanti talvolta aliene da priorità musicali, nonostante quei materiali si chiamassero “canzoni”. Allora il carburante dei fratelli maggiori ti consentiva ancora chilometri e chilometri di salutari viaggi sonori. Ecco perché nel mio walkman giravano (fisicamente) cassette dei Beatles, The Who, King Crimson, PFM, Banco, Yes e Genesis. Ma la buona musica la cercavo, come si cerca Dio. A poco a poco, mi accorsi che esisteva il rock del mio tempo, pur completamente scollegato dagli altarini magnetofoni citati. Rock, forse è troppo radicale, semmai un pop rock di elevato valore che toccava i Police, gli Smiths, gli U2, i Japan, David Sylvian, gli Style Council, i Dire Straits e i Prefab Sprout. Inoltre: non tutto il funky finiva resettato dallo sciacquone dell'edonistica discomusic; e una band come i Level 42 mi spinse ad avvicinarmi prima alla fusion, poi al jazz, quindi ad incontrare quel gigante di Miles Davis. Intanto alcuni reduci degli anni Settanta non sbagliavano un colpo (Frank Zappa, Peter Gabriel, i nuovi King Crimson minimal, Paul McCartney, Deep Purple, Rush e Weather Report) e l'ala dura dell'hard fattosi heavy cominciava a generare insuperabili campioni (Iron Maiden, Van Halen, AC/DC e Saxon).

Discutibile? Questo è il bello. E questa sarà la ricetta mensile che vi presenterò da queste fertili colonne: un musicista o un gruppo attraverso una sintesi della sua discografia anni Ottanta. Non mancheranno le sorprese, d'altra parte ho tanta musica da farvi ascoltare.

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